domenica 12 ottobre 2008

Come si fa a vincere la paura dell'acqua.

Questo post lo scrivo pensando al commento lasciato da Tittiz e a tutte quelle altre persone che vorrebbero magari provare il piacere di una nuotata o di immergersi sott'acqua ma che rimangono frenate perchè hanno paura dell'acqua.

Io non so nuotare, o meglio quel poco che so, imparato a malapena in un anno e mezzo di piscina, lo faccio malissimo. Il piacere dell'acqua lo affronto di norma con le pinne che mi permettono una certa permanenza e sicurezza in acqua senza un esagerato sforzo, visto che sono pure una di fiato breve. Il piacere di mettere la testa sotto per vedere ciò che c'era sotto mi venne a quasi 18 anni quando per un desiderio di mia madre andammo 2 settimane all'isola d'elba col la motivazione "Laura sta per diventare maggiorenne e questa è l'ultima occasione che abbiamo per fare una vacanza di famiglia". Così attrezzandomi di maschera, pinne, boccaglio, e una cima di 5 metri con legato un salvagente (copia rudimentale di una boa di sicurezza per sub e specie di copertina di Linus per una che non sa nuotare) andavo a vedere cosa c'era sugli scogli di Marciana Marina. Mi ricordo poco dei fondali, tranne un mini pesce pietra di circa 2 centimetri che vidi nello stesso posto per 2 giorni consecutivi, e il terranova addestrato al salvataggio in un'altra spiaggia che mi riportò a riva contro il mio parere.
Poi niente più mare per un sacco di tempo, e le rare volte che andavo in acqua per me era panico se mi si fosse avvicinato qualcuno per giochi o scherzi.
Qualche anno fa in Sardegna ci proposero di fare un "discovery", in pratica una immersione di prova che a me non andò affatto bene: mi diedero l'attrezzatura sbagliata e nel tuffarmi persi una pinna, ritrovandomi sotto sopra (mi mancava il peso di quella pinna per avere la stabilità minima), spaventandomi quindi a morte. Fermandomi a quell'esperienza la subacquea non sembrava affatto cosa per me.
L'anno scorso per una serie di eventi che non è il caso di rivangare, Luca fa il brevetto open water, che è il primo passo per la subacquea ricreativa prima di partire per un viagigo sul mar Rosso. Io non lo faccio: non tanto per la paura dell'acqua, ma per stress. Stavo concludendo la tesi ed ero appena uscita da una mazzata morale motociclistica al primo GSSS. Ero a pezzi, e di buttarmi sott'acqua non ne avevo poi molta voglia. Credo che di quel mio stress Luca se ne ricordi ancora la risposta, più urlata che detta, al suo: " Ma davvero non vuoi provarci?"
A novembre si parte per il Mar Rosso: lui col suo brevetto, io con le mie pinne arancioni della Mares, le stesse comprate all'Elba. In barca collezziono una serie di oscenette che riguardano me e il contatto con l'acqua, oscenette che vanno in calando e che mi vedono uno degli ultimi giorni a fare snorkeling (la stessa cosa che facevo all'isola d'Elba) in una specie di piscina naturale di pochi metri con una delle guide subacque che ci hanno accompagnato per tutto il viaggio. Una delle cose che vedi più spesso è il così detto "fritto misto di barriera" cioè tutti quei pesciolini colorati che vivono a ridosso della barirera corallina e che hanno fatto la fortuna del mar rosso perchè anche chi non fa immersioni può andarseli a vedere con pinne maschera e boccaglio.
Venne la folgorazione. Sotto di me ho visto una tartaruga, bella enorme e pacifica: la quinta essenza della serenità e desideravo toccarla. Per farlo però hai bisogno dell'attrezzatura da sub se non sei un apneista. E dopo la prima, una seconda, ed una terza tartaruga, e il sortilegio è fatto: devo assolutamente prendere il brevetto.
Su come sia stato preso il mio brevetto sorvolo, perchè non è mistero che non sia contenta dell'approccio che mi hanno riservato i miei istruttori, ma ho abbastanza testa per prendere qualche ripetizione prima della pertenza. La piscina non è la stessa cosa del mare, ma almeno ho un po' più di sicurezza in me stessa ed è quello che conta.

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